1959

1959

 


 

CLASSIFICA PILOTI    
pilota punti vittorie
Brabham 31 (34) 2
Brooks 27 2
Moss 25,5 2
Hill Phil 20
Trintignant 19
Mclaren 16,5 1
Gurney 13
Bonnier 10 1
Ward (indy) 8 1
Rathmann (indy) 6
Thompson  (indy) 5
Ireland 5
Schell 5
Bettenhausen (indy) 3
Gendebien 3
Goldsmith (indy) 2
Behra 2
Allison 2
IL PUNTEGGIO  
posizione punti
1 8
2 6
3 4
4 3
5 2
GPV 1

  piloti che si alternavano alla guida di una macchina NON ottenevano punti – validi 6  migliori risultati

Formula : aspirati 2500, sovralimentati 750 – nessun limite di peso, carburante commerciale

COSTRUTTORI
Cooper Climax 40 (53) 5
Ferrari 32 (38) 2
BRM 18 1
Watson Offy 8 1
Lotus Climax 5
Lesovsky Offy 4
Epperly Offy 3

“Una volta le corse in Italia erano esaltate, poi furono gradite, in un terzo tempo diven­tarono tollerate, oggi sono state messe all’indice”. Con queste parole Enzo Ferrari prende atto di una situazione e ne trae le debite conseguenze: niente corse in Italia, niente corridori italiani nel­la sua squadra. È la prima volta che un fatto del genere si verifica da quando la Ferrari corre. Il 1959 è solo alle porte: il «Drake» di Maranello ritornerà sulla prima decisione (e a Monza scen­derà in campo con tutte le sue forze) ma non sulla seconda. Ecco i piloti del cavallino: Behra, che ha lasciato la BRM; Phil Mili, confermato; Dan Gurney, un ex marine con i capelli a spazzola, alto come Mike Hawthorn; Olivier Gendebien, un «grande» delle corse di durata che aspetta il momento di imporsi anche alla guida delle monoposto; infine Cliff Allison, biondiccio e allam­panato, quasi un debuttante. Nessuno lo dice, ma è chiaro che Behra sarà il caposquadra. A marzo però una notizia mette a rumore il mondo delle corse: Tony Brooks, fresco sposo di un’ italiana, lascia la Vanwall e firma per Ferrari. Il caposquadra sarà lui o Behra? Il pilota francese non digerisce la decisione. Il contrasto diventa acutissimo al Gran Premio di Francia. Con la stampa del suo Paese, Behra si lascia andare in dichiarazioni polemiche. Mette sotto accusa la Ferrari che gli è stata affidata per il gran premio, giunge a insinuare che abbia il telaio storto e che quindi rappresenti un pericolo per sé e per gli altri. I commissari sottopongono a verifica la mo­noposto che viene trovata per­fetta. Questo è troppo, Ferrari tronca la collaborazione. Un mese dopo, Behra muore all’Avus alla guida di una Porsche, in una corsa di secondaria importanza. La Vanwall si ritirerà dalle competizioni, la vedremo solo in occasione del GP di Gran Bretagna del 1959 e del 1960, con le Cooper ufficiali ci sono Brabham, Mclaren e Gregory, la Lotus propone ancora Graham Hill affiancato da Ireland, debutta la Aston Martin con Salvatori e Shelby, presenti anche le BRM di Bonnier, Schell e Flockhart.

E Stirling Moss? Qualche setti­mana prima, in un’intervista, aveva dichiarato che non avrebbe appeso il casco al chiodo fino a che non avesse vinto il titolo mondiale. Per il 1959, l’estroso e sfortunato Moss ha a disposizio­ne tutte le macchine inglesi. Ci sono cinque combinazioni per lui: Vanwall, Aston Martin (la nuova DBR 4/250), BRM, Cooper-BRM, Cooper-Climax. Ma, se lo volesse, potrebbe anche correre con la Lotus. Moss sce­glie la Cooper-Climax in sei cor­se e la BRM nelle altre due. Non firma per nessuno, corre quasi da indipendente per la scuderia dell’amico Walker che gli procura le auto desiderate. Completano gli schieramenti numerose scuderie private, oltre al team Wlaker (che schiera anche Trintignant), da notare la presenza della Scuderia Centrosud che utilizza delle Cooper con motore Macerati. 

 Il nuovo motore Coventry-Climax FPF da 2495 cmc, montato da Cooper e Lotus, è sensibilmente più po­tente del tipo da 2200 cmc che l’ha preceduto, ma nessuno è in grado di ipotizzarne l’effettivo comportamento rispetto ai con­correnti. Il BRM, per esempio, è più potente. Senza parlare di Ferrari. Ma non è più possibile fare un discorso esclusivamente di motore, questo è l’insegna­mento principe del 1959, un’ annata che sconvolge ogni previsione sia dal lato umano (Moss, il migliore, perde ancora una volta) sia da quello tecnico: vince la «rivoluzionaria» Cooper guidata da Brabham. Il successore di Hawthorn si impone già a Monaco. Tutto merito del trac­ciato, dicono. Ma Jack Brabham vince anche a Silverstone e si difende bene in tutti gli altri circuiti. Moss, dal canto suo, vince con la stessa macchina in Portogallo e a Monza. È il 13 settembre 1959. Le grosse Ferrari di Phil Hill e di Gurney (le «vere» macchine da corsa come erano fin li considerate) non sanno scrollarsi di dosso la piccola vettura guidata da uno splendido Moss. Hill e Gurney tirano allo spasimo (specialmente Hill) ma poi le gomme non reggono e devono fermarsi ai box. E intanto Moss va avanti. Anche Brabham non si ferma: si piazza terzo, sulle tele. Allora non è solo merito del grande Moss. Nella tecnica di costruzione delle «grand prix» sta avvenendo qualcosa di nuovo… anzi d’antico, perché la soluzione di piazzare il motore alle spalle del pilota è vecchissima. Basta pensare alle Benz del ’23, ma soprattutto alla Auto Union del ’34-’39. A chi gli chiede un parere, Ferrari risponde che «i buoi hanno sempre trainato il carro». Ma anche lui comincia a dubitarne. Il campionato è vinto da Brabham (31 punti , due Gp vinti) su Brooks (27 punti e due vittorie) e Moss (25,5 punti e due vittorie), vincono una gara anche Bruce Mclaren, che fino al 2003 rimarrà il piu’ giovane ad aver vinto un GP e lo svedese Bonnier, che con la sua unica vittoria in F1 regala il primo successo alla BRM.